All’inizio della Parashà di Vayakhèl la Torà racconta che Moshè radunò il popolo e ricordò loro diverse leggi e in particolare l’obbligo di osservare lo Shabbàt. “Per sei giorni si lavorerà, ma il settimo giorno sarà per voi giorno di riposo assoluto, Sabato consacrato al Sign-re” (Esodo 35 ,2).
I maestri del Talmùd deducono da questo versetto che non solo l’osservanza dello Shabbàt è una mitzvà ma anche il lavoro dei giorni feriali fa parte del servizo del Sign-re.
Il versetto contiene anche un’allusione alla maniera nella quale dovrebbe svolgersi questo lavoro. Moshè, che si trova con il popolo radunato dinanzi a lui, non dice “per sei giorni lavorerai” in prima persona, ma “si lavorerà” — come se questo lavoro si svolgesse da solo.
È questo, in effetti, quello che la Torà ci sta insegnando: Sì, il lavoro è necessario — ed è addirittura una mitzvà svolgerlo. Ma non ci si deve immergere nel lavoro con tutta la testa e l’anima.
L’ebreo deve sempre ricordare che il lavoro non è lo scopo della vita bensì un mezzo e uno strumento per sostenersi. La vera vita è quella dello spirito, lo studio della Torà e la preghiera, le opere positive e le mitzvòt, ecc.
Questo concetto è alluso anche in un verso dei Salmi di Davide (128, 2): “Quando mangi dal lavoro delle tue mani, la felicità e il bene siano con te”.
Si parla dell’opera delle mani per insegnarci che le mani, che rappresentano l’azione e le facoltà inferiori, sono quelle che vengono immerse nel lavoro mentre la testa e le facoltà superiori vengono impiegate più che altro nello studio della Torà e il servizio di D-o.
Quando la persona si comporta in questo modo – “la felicità e il bene siano con te”…
Si potrebbe pensare che se uno non investe tutte le proprie forze nel suo lavoro non avrà successo. È qui che entra in ballo la emunà – la fede.
In fin dei conti, il sostentamento deriva dal Sign-re. È possibile riscuotere successo da un affare poco attraente alla quale si è prestato poca attenzione e perdere in un affare che è stato curato fin nei minimi dettagli. Poiché alla fine decide Lui…
Usando questo atteggiamento, quindi, la persona affronta sia i giorni feriali che lo Shabbàt in un modo diverso, più tranquillo.
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch זי“ע
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Tag: commento, moshe, parashà, shabbàt, torà, vayakhel
This entry was posted on 28 febbraio, 2008 at 6:33 pm and is filed under Commenti sulla Torà. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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La Fatica Tranquilla
All’inizio della Parashà di Vayakhèl la Torà racconta che Moshè radunò il popolo e ricordò loro diverse leggi e in particolare l’obbligo di osservare lo Shabbàt. “Per sei giorni si lavorerà, ma il settimo giorno sarà per voi giorno di riposo assoluto, Sabato consacrato al Sign-re” (Esodo 35 ,2).
I maestri del Talmùd deducono da questo versetto che non solo l’osservanza dello Shabbàt è una mitzvà ma anche il lavoro dei giorni feriali fa parte del servizo del Sign-re.
Il versetto contiene anche un’allusione alla maniera nella quale dovrebbe svolgersi questo lavoro. Moshè, che si trova con il popolo radunato dinanzi a lui, non dice “per sei giorni lavorerai” in prima persona, ma “si lavorerà” — come se questo lavoro si svolgesse da solo.
È questo, in effetti, quello che la Torà ci sta insegnando: Sì, il lavoro è necessario — ed è addirittura una mitzvà svolgerlo. Ma non ci si deve immergere nel lavoro con tutta la testa e l’anima.
L’ebreo deve sempre ricordare che il lavoro non è lo scopo della vita bensì un mezzo e uno strumento per sostenersi. La vera vita è quella dello spirito, lo studio della Torà e la preghiera, le opere positive e le mitzvòt, ecc.
Questo concetto è alluso anche in un verso dei Salmi di Davide (128, 2): “Quando mangi dal lavoro delle tue mani, la felicità e il bene siano con te”.
Si parla dell’opera delle mani per insegnarci che le mani, che rappresentano l’azione e le facoltà inferiori, sono quelle che vengono immerse nel lavoro mentre la testa e le facoltà superiori vengono impiegate più che altro nello studio della Torà e il servizio di D-o.
Quando la persona si comporta in questo modo – “la felicità e il bene siano con te”…
Si potrebbe pensare che se uno non investe tutte le proprie forze nel suo lavoro non avrà successo. È qui che entra in ballo la emunà – la fede.
In fin dei conti, il sostentamento deriva dal Sign-re. È possibile riscuotere successo da un affare poco attraente alla quale si è prestato poca attenzione e perdere in un affare che è stato curato fin nei minimi dettagli. Poiché alla fine decide Lui…
Usando questo atteggiamento, quindi, la persona affronta sia i giorni feriali che lo Shabbàt in un modo diverso, più tranquillo.
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch זי“ע
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