La lettura della Torà di questa settimana consiste in due Parashiòt (porzioni settimanali) unite. Tutte e due queste Parashiòt trattano in grande parte le leggi della “zara’at” – quella miracoloso “lebbra” che affligeva coloro che peccavano con la maldicenza. Questa “lebbra”, appunto, non è vista dalla Torà e i nostri saggi come una patologia fisica, ma come una punizione per la maldicenza e quindi un fenomeno spirituale.
Che cosa era, esattamente, la lebbra? I dettagli sono complessi, ma in generale si tratta di una macchia bianca sulla pelle. Non ogni macchia era una macchia lebbrosa di fatto (tzara’at): uno dei sintomi è quando la macchia causa che anche i peli cutanei diventino bianchi.
Riguardo a questo, il Talmùd cita un dibattito svoltosi nell'”accademia Celeste”:
“Fu discusso nell’accademia celeste: se la macchia bianca precede i peli bianchi, è impuro, se i peli bianchi precedeno la macchia, è puro, ma se c’è un dubbio?” [Ossia: Qual è la legge se non si sa quale dei due ha preceduto l’altro?] “Il Santo, benedetto Egli sia, disse: è puro. L’intera accademia celeste disse: è impuro.”
“Fu detto: ‘Chi deciderà per noi? Rabba bar Nachmeni.’ Poichè Rabba bar Nachmeni disse ‘io sono un unico nella [conoscenza delle leggi della] lebbra’. Mandarono un messaggero per portarlo [in cielo]…disse [Rabba] ‘Tahòr, Tahòr!’ (puro, puro).” (Bavà Metzià 86a)
Per capire il senso di questa storia è necessario ricorrere agli insegnamenti dei maestri del Chasidismo sul significato profondo della zara’at.
L’anima della persona è sempre tirata da due forze contrarie. La volontà di scappare e tornare verso la propria fonte divina e la volontà di rimanere e risiedere nel mondo fisico. L’anima spiritualmente sana trova un giusto equilibrio tra queste forze. Zara’at è l’interruzione o la mancanza di questo equilibrio.
La macchia bianca rappresenta un tiro troppo intenso, una volontà forte di lasciare il fisico che si rappresenta in una macchia di pelle rimasta senza vita. Ma è solo quando i peli diventano bianchi a causa di questa macchia che il problema diventa vero, poichè la “morte” ha un effetto anche sulle condizioni circostanti. In tal caso la legge lo considera afflitto dalla zara’at.
Se ci fossero invece solamente i peli bianchi di per sé, senza la macchia sulla pelle, potrebbero rappresentare solamente dei problemi minimi che ogni uomo ha ma che non sono talmente gravi per renderlo “impuro” e non è considerato zara’at.
Nel caso del dubbio, l’“accademia” preferisce dare un giudizio rigido, ma D-o stesso vede la persona come un essere essenzialmente puro e viene considerato così anche davanti al dubbio. Solo Rabba, un essere umano, poteva dare il verdetto finale, avendo tutti e due i punti di vista. Aveva la forza di riconoscere la debolezza dell’uomo, ma anche la sua forza e quindi la sua possibilità di trovare la via di uscita da ciò che potrebbe sembrare un problema.
di Rav Shalom Hazan
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch זי”ע
L’Instabilità dell’Anima
24 aprile, 2009La lettura della Torà di questa settimana consiste in due Parashiòt (porzioni settimanali) unite. Tutte e due queste Parashiòt trattano in grande parte le leggi della “zara’at” – quella miracoloso “lebbra” che affligeva coloro che peccavano con la maldicenza. Questa “lebbra”, appunto, non è vista dalla Torà e i nostri saggi come una patologia fisica, ma come una punizione per la maldicenza e quindi un fenomeno spirituale.
Che cosa era, esattamente, la lebbra? I dettagli sono complessi, ma in generale si tratta di una macchia bianca sulla pelle. Non ogni macchia era una macchia lebbrosa di fatto (tzara’at): uno dei sintomi è quando la macchia causa che anche i peli cutanei diventino bianchi.
Riguardo a questo, il Talmùd cita un dibattito svoltosi nell'”accademia Celeste”:
“Fu discusso nell’accademia celeste: se la macchia bianca precede i peli bianchi, è impuro, se i peli bianchi precedeno la macchia, è puro, ma se c’è un dubbio?” [Ossia: Qual è la legge se non si sa quale dei due ha preceduto l’altro?] “Il Santo, benedetto Egli sia, disse: è puro. L’intera accademia celeste disse: è impuro.”
“Fu detto: ‘Chi deciderà per noi? Rabba bar Nachmeni.’ Poichè Rabba bar Nachmeni disse ‘io sono un unico nella [conoscenza delle leggi della] lebbra’. Mandarono un messaggero per portarlo [in cielo]…disse [Rabba] ‘Tahòr, Tahòr!’ (puro, puro).” (Bavà Metzià 86a)
Per capire il senso di questa storia è necessario ricorrere agli insegnamenti dei maestri del Chasidismo sul significato profondo della zara’at.
L’anima della persona è sempre tirata da due forze contrarie. La volontà di scappare e tornare verso la propria fonte divina e la volontà di rimanere e risiedere nel mondo fisico. L’anima spiritualmente sana trova un giusto equilibrio tra queste forze. Zara’at è l’interruzione o la mancanza di questo equilibrio.
La macchia bianca rappresenta un tiro troppo intenso, una volontà forte di lasciare il fisico che si rappresenta in una macchia di pelle rimasta senza vita. Ma è solo quando i peli diventano bianchi a causa di questa macchia che il problema diventa vero, poichè la “morte” ha un effetto anche sulle condizioni circostanti. In tal caso la legge lo considera afflitto dalla zara’at.
Se ci fossero invece solamente i peli bianchi di per sé, senza la macchia sulla pelle, potrebbero rappresentare solamente dei problemi minimi che ogni uomo ha ma che non sono talmente gravi per renderlo “impuro” e non è considerato zara’at.
Nel caso del dubbio, l’“accademia” preferisce dare un giudizio rigido, ma D-o stesso vede la persona come un essere essenzialmente puro e viene considerato così anche davanti al dubbio. Solo Rabba, un essere umano, poteva dare il verdetto finale, avendo tutti e due i punti di vista. Aveva la forza di riconoscere la debolezza dell’uomo, ma anche la sua forza e quindi la sua possibilità di trovare la via di uscita da ciò che potrebbe sembrare un problema.
di Rav Shalom Hazan
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch זי”ע
Tag:metzorà, parashà, rabba, rebbe di lubavitch, talmud, tazria, zara'at
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