L’Iniziativa dell’Uomo
La parashà di questa settimana trasmette un messaggio fondamentale: il nostro popolo (come ogni singolo essere umano) è stato mandato su questa terra con una missione.
Il Rambàm (Maimonide) scrive quello che è un principio fondamentale su cui si basano tutti i precetti della Torà: “Ognuno può diventare un giusto come Moshé o peccatore come Yerovam. Non esistono decreti che obbligano l’individuo ad intraprendere una di queste vie ma è lui stesso, con la sua propria iniziativa, a potersi dirigere verso il cammino prescelto”. La scelta è quindi nelle mani dell’uomo, senza nessun decreto prestabilito dal Sign-re. L’uomo è stato dotato da D-o del libero arbitrio.
La scelta
L’uso del libero arbitrio è il perno del nostro servizio verso D-o. Ogni essere umano nasce con la spontanea propensione a servire D-o e quando un Suo ordine è esplicito, non c’è esitazione. Quando però la volontà di D-o non è espressa in maniera chiara ed esplicita, l’uomo sente la necessità di raffinarsi e di elevarsi al fine di soddisfare le aspettative del Creatore. Il risultato ottenuto ha un maggiore impatto su se stesso in quanto egli deve ricorrere alle proprie forze interiori per fare anche ciò che non gli viene direttamente ordinato. Il cammino che porta ad avvicinarsi a D-o è difficile, ma il lavoro interiore che lo accompagna porta l’uomo a migliorarsi in proporzione forse ancora maggiore rispetto allo sforzo.
Una nuova fase
Questo approccio fa parte della dimensione verso la quale ci conduce la parashà di Shelàch, che comincia con le parole: “Shelàch lechà – Manda per te “. Rashi spiega che il popolo chiese a Moshé di mandare degli esploratori nella terra d’Israele. Moshé presentò la richiesta ad Hashèm che gli rispose: “Dipende da te. Non ti do nessun ordine. Se vuoi, mandali”. Da questo momento comincia una nuova fase nella relazione del popolo ebraico con D-o. Fino a questo punto, la Torà trasmette i comandamenti che Hashem ha dettato a Moshé. In questa Parashà, invece, D-o affida la decisione a Moshé. Questa nuova fase è legata all’obiettivo della missione degli esploratori: il popolo ebraico stava per entrare in Terra d’Israele per stabilirvisi definitivamente. Lo scopo di risiedere in Israele è quello di costruirvi una dimora per D-o, e questa si può edificare solo con l’iniziativa dell’uomo. L’uomo infatti trasforma la propria volontà e, con questa metamorfosi interiore che influisce sull’ambiente circostante, la dimora di Hashèm si materializza ed entra a far parte dell’essenza dell’uomo.
Rimediare all’Errore
Quando si parla di volontà e di iniziativa umana, è inevitabile pensare al rischio di commettere errori. Il resoconto degli esploratori, infatti, suscitò timori e reticenze da parte degli israeliti riguardo allo stabilirsi in Terra d’Israele. Tuttavia, come sottolineato nella parashà stessa, l’errore può essere riparato con la Teshuvà (ritorno sincero a D-o). Ancora una volta si evidenzia il volere umano, poiché attraverso la Teshuvà, l’uomo penetra nel proprio cuore e richiama la forza che gli consente di riconnettersi ad Hashèm.
La missione del nostro popolo Quanto sopra è implicitamente inteso nel nome stesso della parashà. Shelàch significa “Manda!”, indicando che ogni individuo, e in senso più ampio il popolo ebraico quale entità unica, viene inviato su questa terra investito di una precisa missione. Ciò viene ad indicare la missione specifica assegnata al popolo ebraico: essa consiste nell’elevare il mondo materiale e renderlo una dimora per il Sig-re.
“Manda” da continente a continente: per millenni il nostro popolo si è adoperato per compiere il Suo volere, avvolgendo l’esistenza materiale in un involucro spirituale, grazie all’osservanza della Torà e delle Mitzvòt. Questo obiettivo è tutt’altro che uno scopo astratto: siamo alle soglie della Redenzione e meriteremo presto la concretizzazione di quanto promesso nella Torà: “Li riporterò e conosceranno la terra”.
Tratto, con permesso, da “Pensieri di Torà”
La Scomparsa di Un Giusto
24 giugno, 2009ב”ה
Cari amici,
La data ebraica di stasera e domani è il tre di Tammuz. Secondo le nostre fonti è questa la sera durante la quale il leader Yehoshu’a (Giosuè) miracolosamente fermò il sole durante i combattimenti per la conquista della terra d’Israel.
Per molte persone, il sole si tornò a fermare in questo stesso giorno, quindici anni fà, quando l’anima del grande Rebbe, Rav Menachem Mendel Schneerson זצוקלל”ה נבג”מ זי”ע, tornò al proprio Creatore.
Il Rebbe
Uso la metafora del sole perché il Rebbe era una fonte di luce che illuminava continuamente. Illuminava con la luce della Torà, le sue esposizioni finora stampate in più di duecento volumi. Illuminava con la sua saggezza pratica, consigliando leader politici di tutti gli schieramenti, capi di stato, scienziati e medici. Più che altro penso che illuminava con la sua anima e la sua autenticità, un’illuminazione apprezzata da bambini piccoli e i più grandi scolari nella stessa maniera.
Come vuole la tradizione, durante questa giornata molte migliaia di persone si avvieranno verso il quartiere Queens di New York per visitare la sua tomba e per chiedere alla sua anima di intercedere per noi nel Cielo.
Altri vi manderanno i propri nomi e le proprie richieste per essere letti lì durante questo giorno propizio per la Berachà.
Propizio per la Berachà, la benedizone, perché secondo gli insegnamenti dei Maestri il giorno della scomparsa di un giusto, di uno Tzadìk, è un giorno nel quale anche, e sopratutto, nel Cielo vengono ricordate ed esaltate tutte le sue opere della durata della sua vita. Per un Tzadìk queste opere non sono per un fine personale ma solamente per il bene degli altri e per adempire la volontà Divina. Questo vuol dire che vi è un livello di purezza, di innocenza e di autenticità che è difficile trovare in persone comuni.
Vi invito a riflettere questo giorno su una cosa nella vostra vita che possa essere migliorata — nei rapporti con gli altri oppure nei rapporti con D-o stesso — e ad trovare una maniera appunto per migliorarla, nel senso pratico della parola e non solo con la sola volontà.
Cito un piccolo commento del Rebbe in un suo discorso pubblico, che ho citato l’altra sera alla serata di beneficenza: La parola “vita” in ebraico è Chaim che in realtà è plurale, come se si dicesse “vite” e non vita. Questo, ha detto il Rebbe, è perché la vita è tale solamente quanto è vissuta insieme e condivisa. Nella mancanza di questo, è come se mancasse la vita stessa.
Aggiungo a questo un’altro insegnamento che ho tratto non da un discorso specifico ma da tanti insegnamenti e dall’esempio stesso del Rebbe: Se vuoi ammonire qualcuno, fallo a te stesso. Tieni il sorriso per un’altra persona. Sii forte, ma con te stesso, e sii dolce con gli altri. Questo li avvicinerà ancora di più alle vie della Torà.
La sua opera, i suoi insegnamenti ed il suo esempio continuano ad illuminare.
…
Vi auguro un Shabbàt pieno di luce e una settimana colma di successo, materiale e spirituale.
Shabbàt Shalom,
Rav Shalom Hazan
Questa sera, mercoledì 24 giugno alle 20,45, storie e lezioni di vita dal Rebbe di Lubavitch.
26 giugno venerdì sera: 20,00
27 giugno shabbàt mattina: 9,30
27 giugno shabbàt sera: 19,30 minchà, pasto festivo e ‘arvìt
Il Kiddush è offerto dalla famiglia Moscati in onore del compleanno della figlia. Hazzak e Mazal Tov!
La Seu’dà Shelishìt all’uscita dello Shabbat è offerta dalla famiglia Calò per festeggiare le nozze della figlia Valentina con Alberto Zarfati. Hazzak e Mazal Tov!
Per offrire i prossimi Kiddush contatta Rav Shalom. Grazie!
Il lunedì 29 giugno alle ore 20, lezione di Tanya e Talmud per uomini.
La lezione del mercoledì 1° luglio è rimandata.
Per mandare una lettera con richiesta di Berachà che sarà letta presso la tomba del Rebbe, clicca qui.
Informazioni sul Rebbe
La Fatica delle Nostre Mani
La gente pensa che siccome D-o non è materiale, sicuramente si trova nel Cielo. Ma i cieli – e tutto ciò che è spirituale – sono creati da D-o, come la terra. Meno dissonante, più armonioso, più lucido – ciò nonostante si tratta sempre di sfere limitate.
D-o non si fa trovare data la capacità del luogo, ma per il Suo desiderio di trovarsi in quel posto. Il Suo desiderio è di farsi trovare nella fatica delle nostre mani per riparare il Suo mondo.
Nei Cieli c’è la luce di D-o. Nella fatica delle nostre mani si esprime Egli stesso, la fonte della luce.
— Il Rebbe di Lubavitch (adattato da rav Tzvi Freeman)
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