Archive for Maggio 2011

Il Teschio Galleggiante Risolto

13 Maggio, 2011

La scorsa settimana abbiamo citato il detto di Hillel (ca. 110 AEV-10 EV), capo del Sinedrio, del quale la Mishnà racconta: avendo veduto un teschio che galleggiava sulla superficie dell’acqua, gli disse: « Ti hanno sommerso perchè tu sommergesti (altri); ma la fine di coloro che ti sommersero è di esser sommersi ».

Abbiamo poi citato il commento del Rambam (Maimonide) che riflette sul fatto che la nostra vita molto spesso è una conseguenza delle nostre azioni e che Hillel stava sottolineando il concetto di ‘Middà keneghed middà’ ovvero “misura per misura”.

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Adesso affrontiamo il discorso da un punto di vista kabalistico:

 Un nipote del Maimonide, Rabbì David Hanaghid (1233-1301), cita una tradizione trasmessa dalle generazioni precedenti, secondo la quale il teschio galleggiante al quale si riferiva Hillel non era altro che quello del faraone.

Hillel quindi gli disse: Dato che tu hai fatto affogare i neonati ebrei maschi nelle acque del Nilo, sei stato anche tu affogato nelle acque. Perché fu proprio Hillel ad affrontare la figura del faraone? Secondo gli insegnamenti del Ari (rabbì Yitzchak Luria, 1534-1572) uno dei più importanti kabalisti di tutti i tempi, l’anima di Hillel fu una reincarnazione di quella di Moshe.

Secondo questa interpretazione la seconda frase di Hillel si riferisce non al faraone ma al popolo ebraico: Così come perì il faraone, anche tutti i vostri persecutori troveranno la loro fine.

Il Rebbe di Lubavitch (1902-1994) vide nel commento dell’Ari delle parole di conforto all’anima stanca dell’ebreo in esilio. A coloro che hanno la sensazione di trovarsi davanti ad un ostacolo insuperabile o ad una nuvola di oscurità impenetrabile. Hillel, grande guida di Israele, si rivolge a queste persone dicendo:

“Se il faraone, l’incarnazione del male, l’uomo che riuscì a fare impaurire anche Moshè fino al punto che il Sign-re stesso disse ‘vieni dal Faraone – accompagnato da Me’ — quest’uomo rimase affogato nelle acque. Sicuramente tutti i grandi serpenti della storia che hanno cercato e cercheranno di farti affogare tramite persecuzione fisica e spirituale – anch’essi saranno affogati. Il male non ha alcuna base sulla quale porsi. Come il fumo che ci ostruisce la vista temporaneamente ma è prossimo a scomparire.

Perplessità

Nella frase di Hillel vi è un altro insegnamento:

Sembra strano che un uomo come Hillel, riconosciuto universalmente per la sua gentilezza, umiltà e pazienza infinta, rimproveri un uomo morto. Secondo la tradizione ebraica sarebbe proibito adempiere ad una qualsiasi mitzvà all’interno di un cimitero perché sarebbe considerata una presa in giro dei morti (che non possono adempiere alle mitzvòt).

Per quale motivo decise Hillel di rimproverare un povero morto che non avrebbe potuto comunque applicare il rimprovero per migliorarsi?

Soluzione
Quando Hillel vide il teschio del faraone si chiese: “Per quale motivo mi è stato dimostrato questo? Cosa è il messaggio che Hashem mi vuole mandare?” Arrivò quindi alla conclusione che era giunto il momento che l’anima del faraone trovasse la sua pace.

Usufruendo dell’esempio del faraone per trasmettere una messaggio e un approfondimento a tutte le generazioni successive, Hillel fece sì che l’anima del faraone si elevasse e arivasse al proprio riposo.

In Breve
Una semplice passaggiata in riva al fiume può essere fonti di vari messaggi positivi:

– La vita funziona misura per misura

– Anche il male più oscuro è temporaneo

– Ogni cosa che ti viene incontro ha un messaggio da trasmetterti. Non sempre è evidente ma quando lo è bisogna usufruirne per applicare l’insegnamento.

– Anche un faraone malvagio può essere redente quando arriva il suo momento…

Basato su un discorso del Rebbe di Lubavitch sul 2° capitolo delle Pirké Avòt. Adattato da Yosef Marcus e Shalom Hazan.

Il Teschio Galleggiante

6 Maggio, 2011

Il ciclo della storia

Nel capitolo secondo delle Massime dei Padri, che studieremo questo Shabbàt, troviamo questo strano insegnamento/annedoto:

Egli pure (Hillel), avendo veduto un teschio che galleggiava sulla superficie dell’acqua, gli disse: « Ti hanno sommerso perchè tu sommergesti (altri); ma la fine di coloro che ti sommersero è di esser sommersi »

Nonostante la Mishnà fosse scritta in ebraico, queste parole di Hillel sono citate in aramaico. Hillel veniva dalla Babiliona prima di arrivare a Gerusalemme per studiare ai piedi dei capi del Sinedrio Shma’yà e Avtalyòn.

Lo stesso uomo, Hillel, è molto famoso per altri detti come “Se non sono io per me, chi ‘sarà per me?” e “ciò che è odioso a te non praticarlo con gli altri” e moltri altre insegnamenti. Era particolarmente noto per la sua vasta conoscenza e per la sua infinita pazienza. Simile a Moshe, era riconosciuto per la sua umiltà e come Moshe visse 120 anni. Secondo alcune tradizioni kabalistiche, Hillel e Moshe avevano la stessa anima.Un’altra persona di nome Moshe, il Maimonide, scrisse questo nel commentare la fonte citata: Le nostre azioni portano delle conseguenze che a loro volta riflettono le azioni. Chi uccide una persona clandestinamente facendola affogare troverà la propria fine in una maniera simile. Chi si inventa un’ingiustizia per proprio beneficio a scapito di un altro, quella stessa ingiustizia alla fine sarà messa in atto contro la persona. Dall’altro canto, chi introduce un concetto che porterà beneficio agli altri, ne potrà trarre i vantaggi. In ebraico si dice ‘midà kenneghed midà’: misura per misura.

In questa maniera i commentatori spiegano il strano detto di Hillel, semplicemente una forma poetica per trasmettere il concetto base di “misura per misura” e dell’impossibilità di scappare dalle conseguenze delle proprie azioni.

Negli insegnamenti della Kabalà si approfondisce il discorso con delle spiegazioni riguardo la reincarnazione dell’anima, e l’identificazione del teschio trovato da Hillel. La prossima settimana approfondiremo!

Di Rav Shalom Hazan

Il Lutto dell’Omer

6 Maggio, 2011

Perché?

Nel 2° secolo AEV sono morti 24.000 studenti del maestro e leader ebraico Rabbì Akivà. Questo è avvenuto durante il periodo tra la festa di Pesach e quella di Shavu’òt, periodo che corrisponde al Conteggio dell’Omer. Si commemora la tragedia osservando una forma di lutto.

Alcune Regole

Durante questo periodo non si tengono matrimoni, non si ascolta musica dal vivo, non si fanno acquisti di abiti importanti, non ci si tagliano i capelli e la barba.

Il periodo dell’Omer dura 49 giorni, ma il periodo interessato dal lutto dura solamente 33 di questi quarantanove. Vi sono però delle differenze d’opinione rispetto a quando esattamente iniziano e terminano i trentatre giorni di lutto. Ognuno rispetta quindi l’usanza della propria comunità in riguardo.

Alcune comunità (tra i quali quelle Chabad) osservano il periodo di lutto da Pesach sino a tre giorni prima di Shavu’òt, per rispettare tutte le opinioni.

Lag Ba’Omer
Secondo tutte le usanze si festeggia il 33° giorno dell’Omer e vengono sospesi gli usi di lutto. (“Lag” è il numero 33 espresso in forma di lettere ebraiche). Secondo la tradizione questo giorno è l’anniversario della morte di Rabbì Shim’on bar Yochai, uno dei pochi studenti sopravissuti di Rabbì Akivà. Egli stesso chiese che si gioisse nel giorno che la sua anima sarebbe tornata alla propria Fonte.

 Motivazioni?

Perché sono morti gli studenti di Rabbì Akivà? Il Talmud nel rispondere a questa domanda dice che “non portarono rispetto gli uni agli altri” (interessante che fu proprio Rabbì Akivà che disse “amare il prossimo come se stesso è una base fondamentale della Torà”…)

Alcuni storici sono dell’opinione che essendo Rabbì Akivà uno dei leader della rivolta contro Roma guidata dal militare Bar Kochva (conosciuto anche come Ben Kuziba) i suoi allievi parteciparono in maniera attiva ai combattimenti e rimasero uccisi.

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