Cari amici,
In questa edizione potete leggere anche una breve corrispondenza che ho avuto con un amico riguardo i tatuaggi nell’ebraismo, che ritengo importante pubblicare dato che ultimamente sembra che il tatuarsi è diventata una “moda” abbastanza diffusa.
Vi auguro un buon weekend, buone vacanze e Shabbàt Shalom!
Rav Shalom Hazan
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I Tatuaggi Nell’Ebraismo
Caro rav Shalom,
E’ vero che non è permesso tatuarsi secondo l’ebraismo? Ho sentito anche dire che chi ha un tatuaggio non potrà essere sepellito in un cimitero ebraico. E’ vero?
Attendo la tua risposta.
Angelo P.
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Caro Angelo,
Sì, è vero. La Torà proibisce esplicitamente i tatuaggi permanenti (nel libro di Vayikrà – Levitico 19,28). Questo vuol dire che in effetti è proibito tatuarsi nello stesso modo che è proibito consumare il prosciutto o mangiare durante il giorno di Kippur.
Cerchiamo di capire un po’ meglio questa proibizione. Nella Torà, questa proibizione fa parte di un contesto di altre proibizioni che riguardano l’allontanamento da comportamenti che sono legati al culto idolatro.
All’epoca (ed in alcune culture ancora oggi), persone dedicato al culto idolatro avevano comportamenti che definivano il loro legame al culto. Quindi, tra l’altro, si radevano la barba, facevano delle ferite sul proprio corpo e..si tatuavano. Il tatuaggio è un segno di appartenenza a un determinato “dio”, simile ad un “marchio” che un padrone imprimeva sulle proprie bestie ed adirittura anche sui propri schiavi.
La Torà comunque lo proibisce categoricamente a prescindere di quale sia l’intenzione della persona che si vuole tatuare.
Vi è anche un’altra considerazione in questa mitzvà ed è quella della “proprietà del proprio corpo”.
Secondo la Torà, il nostro corpo non è un tanto un dono quanto un pegno. Ossia, in realtà non appartiene a noi ed è quindi proibito danneggiarlo o mutilarlo … né usarlo come tela per motivi artistici o sentimentali.
Per quanto riguarda la seconda domanda in realtà anche un ebreo che si è fatto tatuare ha il pieno diritto, secondo la Halachà, di essere sepolto in un cimitero ebraico (anche se è possibile che diverse comunità impostano delle regole per i loro cimiteri e potrebbero quindi impedirlo, non su base halachica ma di uso del posto).
Comunque se stai pensando di tatuarti ti consiglio di vederlo dal punto di vista della vita anziché quella della morte…non pensare alla sepoltura ma all’importanza che l’ebraismo dà al corpo umano e al rispetto che gli è dovuto.
Spero di vederti presto!
rav Shalom
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Appuntamento al Tempio
Orari delle Tefillòt per Shabbàt, 3-4 luglio:
3 luglio venerdì sera: 20,00
4 luglio shabbàt mattina: 9,30
4 luglio shabbàt sera: 20,20
Il Kiddush è offerto dalla famiglia Di Consiglio, Hazzak!
Per offrire i prossimi Kiddush contatta Rav Shalom. Grazie!
La lezione del lunedì è rimandata
Lezione di Parashà e Pensiero ebraico mercoledì alle 20,45
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calamita
Possibilità di Dedica o Pubblicità
Per la seconda volta, stiamo per stampare una calamita con gli orari di entrata e uscita di Shabbàt e le feste per l’intero anno nuovo da rosh Hashanà 5770 (2009-2010).
L’anno scorso ne abbiamo stampate 500 e sono esaurite subito. Abbiamo deciso quindi di stamparne 1000 pezzi quest’anno.
Questa è un’opportunità per potere dedicare l’iniziativa alla memoria di un tuo caro oppure per pubblicizare la tua attività nelle case della gente per un anno intero.
500 pezzi sono già stati dedicati. Il costo di ogni 100 pezzi è di 110 Euro.
Qui sopra vedi un’immagine della calamità dell’anno scorso (dimensioni: 10x18cm). La parte in basso è quella dedicata alla dedica o alla pubblicità.
Lo vuoi fare? Fammi sapere subito!
ravhazan@gmail.com
Hazzak e grazie!
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Le Tre Settimane
Ieri, giovedì 9 luglio corrispondeva al 17 di Tamùz, un giorno di digiuno che segna l’inizio del periodo di lutto spesso detto “le tre settimane” che termina con un’altro digiuno, quello di Tish’à beAv.
Il 17 Tamùz fu il giorno che l’assedio a Gerusalemme da parte dei legionari romani ebbe successo e il muro della città cadde, dando inizio a una battaglia che culminò con la distruzione del Tempio nel nono giorno del mese di Av, Tish’à beAv.
Il periodo di lutto non é solamente una maniera per ricordare la tragica distruzione, ma anche un momento per migliorare i nostri aspetti spirituali e materiali affrettando così la redenzione finale, la ‘cura’ della distruzione.
Un maestro Chassidico raccontò la seguente storia: Un re andò a caccia con il suo miglior amico. Il clima era perfetto, non c’era una nuvola nel cielo. Ad un tratto però il tempo cambiò e nuvole tempestuose coprirono il cielo, scurendo la foresta. I lampi e i tuoni non tardarono ad arrivare e in pochi minuti il re e l’amico cercavano disperatamente un riparo dalle acque torrenziali.
Stavano per rinunciare quando videro una piccola luce in lontananza. Si avvicinarono a ciò che risultò essere una baracca
malandata e bussarono alla porta che venne aperta da un uomo
anziano, visibilmente molto povero. “Cosa volete?” li chiese.
“Solo un rifugio dalla tempesta,” risposero gli ospiti inaspettati.
Il pover’uomo poté offrirli solo un po’ di latte di capra e un po’
di paglia per appogiare la testa, piccoli segni di ospitalità che
furono molto apprezzati date le circostanze. La mattina dopo il
sole splendeva di nuovo e avendo ringraziato calorosamente il
povero vecchio, i due tornarono al palazzo.
Qualche giorno dopo il pover’uomo si sorprese vedendo
arrivare la carrozza reale che si fermò davanti alla baracca. “Che
cosa posso aver mai fatto?…” pensò.
Il re, vedendo che il vecchio non lo riconosceva, gli disse che si
erano già visti e che era venuto a dargli una ricompensa per la
sua gentile ospitalità. L’uomo diventò un aristocratico ricco con
vestiti costosi e una casa grande non lontano dal palazzo reale.
Un amico del vecchietto lo vide e, stupito gli chiese: “Come hai
fatto a cambiare la tua vita in questo modo?!” “Ho offerto latte
di capra e un po’ di paglia al re,” gli rispose.
Disse il maestro agli allievi: Immaginate se l’amico decidesse di
andare al palazzo reale con un bicchiere di latte e un sacchetto
di paglia, verrebbe anche egli ricompensato così? Certamente
no.
Quando il re è esiliato si accontenta anche di quel poco che
un pover’uomo può offrire. Ma quando si trova nel suo palazzo,
non gli basta neanche tutto l’oro e argento che ha.
Adesso, durante l’esilio nel quale ci troviamo da più di duemila anni, il “Re” si accontenta del poco che facciamo per Lui, considerando le circostanze. Ma dopo la futura redenzione non potrà certo bastare solo questo. Approfittiamone adesso che ancora possiamo!
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La Lezione dell’Ago
30 luglio, 2010La data di questo Shabbàt, il 20 del mese di Av, è la ricorrenza della scomparsa del Rav Levi Yitzchak Schneerson (padre del Rebbe di Lubavitch) che è stato rabbino capo della città ucraina di Dnepropetrovsk, precedentemente chiamata Yekatrinoslav, dal 1909 sino al suo arresto nel 1939 quando fu esiliato in una zona remota del Kazakhstan per le sue opere “contro-rivoluzionarie” (ossia, continuando a divulgare la Torà e le Mitzvòt). Morì in esilio nel 1944 all’età di sessantesei anni.
Clicca per una breve biografia
Rabbì Levi Yitchak Schneerson (1878-1944)
Segue un breve insegnamento tratto dalle sue scritte delle quali una minimissima parte è stata portata in salvo e pubblicato dal Rebbe, suo figlio. La maggior parte dei manoscritti di Rav Levi Yitzchak, che era uno dei più grandi kabalisti della sua generazione, furono confiscati al momento del suo arresto e mai rivisti.
La Mishnà che tratta la purificazione rituale di oggetti resi impuri cita il caso di un ago. Sarebbe difficile fare immergere l’ago nella profondità delle acque del mikvè (il bagno rituale, o la sorgente). L’ago viene quindi posato, per esempio, su un gradino che porta al mikvè e con la mano si creano delle piccole onde che, una volta lo coprono l’ago diventa puro.
Questa Mishnà nasconderebbe un’insegnamento eternamente rilevante. Un ago è uno strumento utilizzato per unire due elementi, bucandoli con la punta.
Metaforicamente parlando, l’uomo è un ago che ha la funzione di “cucire” e unire gli elementi materiali del mondo con quelli spirituali.
Ad esempio, quando un bambino beve un bicchiere d’acqua dicendo prima una benedizione per ringraziare il Sig-re, è come se dichiarasse che l’acqua non è altro che un’altra espressione della grandezza del Creatore.
Questa missione di avvicinare la materia allo spirito potrebbe anche essere pericolosa, poiché chi “lotta con uno sporco si sporca…” Com’è che si mantiene la propria purezza? Rimanendo sul “gradino” e facendo sempre passare l’onda dell’acqua che è spesso una metafora per la Torà. Chi si occupa della purificazione del mondo (ossia, tutti…) si protegge con “ondate” costanti di studio della Torà. Questo ci aiuta a “bucare” i problemi che ci circondano e fare passare il filo delle Mitzvòt (rappresentati tutti dai fili degli Tzitzit) per unire due mondi che sembrano distinti.
Tag:commento, dnepropetrovsk, mikve, mishna, rav levi yitzchak schneerson, yekatrinoslav
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