Sei un Leader?
La parashà di questa settimana contiene uno dei misteri più profondi della Torà: le leggi della “mucca rossa”. Questo è il rituale attraverso il quale chi fosse diventato ritualmente impuro venendo in contatto con la morte, avrebbe potuto purificarsi.
Sono talmente misteriose le norme di questa Mitzvà, che secondo i maestri del Talmud neanche il saggio re Salomone riuscì a comprenderle. Secondo la tradizione solamente Moshè ebbe questo merito, come dice il midrash “a te rivelo la ragione della vacca [rossa]” (Bamidbàr Rabbà 19, 6).
Forse l’aspetto più strano di questa mitzvà è il fatto che i Cohanim coinvolti nella preparazione delle acque che venivano spruzzate sulla persona impura per purificarla, diventavano a loro volta impuri. Ossia le stesse acque che rendevano l’uno puro rendevano l’altro impuro!
Cambiando il contesto, però, la cosa potrebbe diventare un po’ più chiara. Se i leader spirituali-religiosi sono come i Cohanim, essendo responsabili della purezza spirituale del popolo, questi non possono sempre rimanere intoccabili dalle impurità che toccano la gente comune.
Un leader spirituale è uno che è disposto ad abbassarsi, a scendere al livello degli altri per purificarli, anche se lui stesso sarà affetto dall’impurità degli altri.
Perché è così? Secondo il Midràsh, la mucca rossa ha anche un valore riguardo la responsabilità del popolo d’Israele per la colpa commessa: “venga la madre – la mucca – ed espii i peccati del figlio – il vitello d’oro”.
Nello stesso modo, i leader sono considerati responsabili del benessere spirituale del popolo.
Questa martedì, il 3° di Tamuz (quest’anno il 5 luglio) ricorre l’anniversario della scomparsa del Rebbe di Lubavitch. Dal punto di vista della responsabilità, lui era un leader dell’ebraismo mondiale. Si sentiva responsabile di ogni ebreo. Dall’ebreo di Sydney a quello di Rio de Janeiro, dall’ebreo di Parigi a quello diShanghai a quello di Haifa.
La prova della responsabilità non sono i sentimenti ma le azioni. Il Rebbe si sentì responsabile di ogni singolo ebreo e perciò creò una comunità non di seguaci ma di leader, che mandò come suoi emissari a combattere l’assimilazione attraverso i più di 3.500 centri Chabad-Lubavitch nel mondo, innovando il concetto del “Jewish outreach” oramai adottato, grazie a D-o, da tutte le grandi organizzazioni ebraiche.
Ma il messaggio del Rebbe è ancora più profondo. Per lui, ogni persona era un leader. Chi ha una famiglia, organizza un gruppo, fa qualcosa per la comunità o ha degli impiegati, è un leader ed dovrebbe considerarsi responsabile della sua sfera d’influenza.
Penso che l’omaggio più adatto a questa grande figura sia non tanto il discorso e il racconto della sua vita ma la mitzvà fatta con un senso di responsabilità verso gli altri portando avanti l’opera della sua vita.
di rav Shalom Hazan
Cambio di Potere
23 settembre, 2011Verso la fine del quinto libro della Torà, Devarìm, ci si avvicina al tramonto di quel grande sole che era Moshé. La metafora del sole ha come fonte il Talmud (Bava Batra 75) che la impiega proprio per sottolineare la difficoltà, l’impossiblità forse, davanti alla quale si troverà colui che dovrà guidare il popolo dopo il tramonto di quel sole. “Il volto di Moshé somiglia al sole, mentre quello di Giosué alla luna”.
In altre parole, Giosué riflette la luce del suo maestro ma non può certo essere paragonato a lui. In effetti, la Torà stessa lo dice: “Non ci fu più un profeta come Moshé” (Devarìm 34, 10), lasciando intendere che non ci sarà più.
Il popolo, lo stesso popolo che tutte quelle volte si ribellò e rese la vita di Moshé molto dura, non accettò facilmente la sua scomparsa.
Il Talmud racconta: Prima della sua scomparsa, Moshé disse a Giosué: “Raccontami tutti i tuoi dubbi” (in modo che il maestro gli possa dare le risposte). Giosué non aveva dubbi. “Ti ho forse lasciato per un momento?” chiese Giosué. A quel punto, racconta il Talmud, Giosué si scordò di trecento Halachòt e gli sorsero settecento dubbi sulle Halachòt che ricordava.
Il popolo si arrabbiò e volle eliminare il nuovo leader. Disse il Sign-re “non posso insegnarti le Halachòt [come Ho fatto con Mosé], li distraerai quindi con la guerra [della conquista della Terra Santa]”. (Temurà 16a)
Che cosa accadde qui? Il popolo voleva che Giosué continuasse la leadership di Moshé, continuando la sua stessa strada dell’insegnamento della Torà. Vedendo che non era all’altezza, si arrabbiarono. D-o spiegò che avevano sbagliato: un nuovo leader segnala non solo un’altra persona ma anche un programma diverso.
Il compito di Moshé riguardava più che altro la trasmissione della Torà, mentre per Giosué era la conquista della Terra che aveva la precedenza.
Qui la Torà ci insegna anche che non si possono fare paragoni tra le guide di un popolo, poiché il Sign-re manda sempre quello più adatto alla nuova generazione ed alla situazione che cambia sempre.
Vi è anche una lezione pertinente all’educazione dei propri figli. Anche questa, in fin dei conti, è una posizione di leadership con la dinamica del cambiamento tra una generazione e l’altra.
Il messaggio è rivolto quindi ai “leader” delle famiglie, i genitori. Non pensate che l’esperienza ebraica che era sufficente per la vostra soppravvivenza come ebrei sia sufficente anche per i vostri figli.
Il mondo è cambiato e la generazione è completamente diversa. Date loro la forza e le possibilità aggiuntive delle quali hanno talmente bisogno.
Di rav Shalom Hazan
Chabad-Lubavitch di Monteverde
Tag:educazione ebraica, genitori, giosue, leadership, moshe, parashà, potere, yehoshua
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