La tristezza del sommo sacerdote
Essendo ogni dettaglio nella Torà molto esatto, anche la prossimità di due brani può fare da spunto per approfondimenti e lezioni.
Il primo comando nella Parashà odierna è quella ad Aharòn di accendere la menorà. Il commentatore Rashì cita il Midrash che spiega la connessione tra questa mitzvà e l’ultima parte della Parashà precedente che ci raccontava dei doni offerti dai capitribù per l’inaugurazione del Mishkàn.
“Perché la parashà della menorà è accostata a quella dei capitribù? Poichè quando Aharon vide l’inaugurazione dei capitribù gli si “indebolì la mente” [ossia si sentì giù. NDR], non avendoci partecipato con loro nell’inaugurazione, né lui né la sua tribù. Gli disse HaKadosh Baruch Hù: ‘Giuro che a te spetta un servizio più importante del loro, perché tu accendi e prepari le candele’.”
Aharon, quindi, era triste perchè non ha avuto il merito di prendere parte nelle offerte inaugurative con tutti i capitribù, e la “parashà della menorà” è quindi una risposta e una consolazione per lui.
Ma perché Aharon fu così dispiaciuto? È chiaro che lui e la sua tribù sono stati resi distinti da tutto il popolo proprio per essere completamente dedicati al servizio del Mishkàn. Colui che si occupava del servizio del mishkàn, anche per le offerte degli stessi capitribù, era nientemeno che Aharon stesso!
Possiamo capirlo precisando le parole di Rashì. “Gli si indebolì la mente” – perché non dire semplicemente che soffrì o che rimase triste? Cosa vuol dire “gli si indebolì la mente”?
La mente di Aharon era completamente dedicata a quello che era la sua “opera di vita”, al servizio di HaKadosh Baruch Hù nel Suo Tempio. Egli voleva partecipare alle offerte dell’inaugurazione perché non poteva assistere a una cosa fatta nella casa di D-o senza prenderne parte. Quando vide questo, tutta la sua mente si indebolì…
Ciò può servire come lezione anche per noi: Quando vediamo una nuova iniziativa ebraica, specie di natura educativa, ci dovrebbe turbare il “perché non sono coinvolto anch’io”.
Per noi però basta coinvolgerci!
di rav Shalom Hazan
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch זי”ע
La Scomparsa di Un Giusto
24 giugno, 2009ב”ה
Cari amici,
La data ebraica di stasera e domani è il tre di Tammuz. Secondo le nostre fonti è questa la sera durante la quale il leader Yehoshu’a (Giosuè) miracolosamente fermò il sole durante i combattimenti per la conquista della terra d’Israel.
Per molte persone, il sole si tornò a fermare in questo stesso giorno, quindici anni fà, quando l’anima del grande Rebbe, Rav Menachem Mendel Schneerson זצוקלל”ה נבג”מ זי”ע, tornò al proprio Creatore.
Il Rebbe
Uso la metafora del sole perché il Rebbe era una fonte di luce che illuminava continuamente. Illuminava con la luce della Torà, le sue esposizioni finora stampate in più di duecento volumi. Illuminava con la sua saggezza pratica, consigliando leader politici di tutti gli schieramenti, capi di stato, scienziati e medici. Più che altro penso che illuminava con la sua anima e la sua autenticità, un’illuminazione apprezzata da bambini piccoli e i più grandi scolari nella stessa maniera.
Come vuole la tradizione, durante questa giornata molte migliaia di persone si avvieranno verso il quartiere Queens di New York per visitare la sua tomba e per chiedere alla sua anima di intercedere per noi nel Cielo.
Altri vi manderanno i propri nomi e le proprie richieste per essere letti lì durante questo giorno propizio per la Berachà.
Propizio per la Berachà, la benedizone, perché secondo gli insegnamenti dei Maestri il giorno della scomparsa di un giusto, di uno Tzadìk, è un giorno nel quale anche, e sopratutto, nel Cielo vengono ricordate ed esaltate tutte le sue opere della durata della sua vita. Per un Tzadìk queste opere non sono per un fine personale ma solamente per il bene degli altri e per adempire la volontà Divina. Questo vuol dire che vi è un livello di purezza, di innocenza e di autenticità che è difficile trovare in persone comuni.
Vi invito a riflettere questo giorno su una cosa nella vostra vita che possa essere migliorata — nei rapporti con gli altri oppure nei rapporti con D-o stesso — e ad trovare una maniera appunto per migliorarla, nel senso pratico della parola e non solo con la sola volontà.
Cito un piccolo commento del Rebbe in un suo discorso pubblico, che ho citato l’altra sera alla serata di beneficenza: La parola “vita” in ebraico è Chaim che in realtà è plurale, come se si dicesse “vite” e non vita. Questo, ha detto il Rebbe, è perché la vita è tale solamente quanto è vissuta insieme e condivisa. Nella mancanza di questo, è come se mancasse la vita stessa.
Aggiungo a questo un’altro insegnamento che ho tratto non da un discorso specifico ma da tanti insegnamenti e dall’esempio stesso del Rebbe: Se vuoi ammonire qualcuno, fallo a te stesso. Tieni il sorriso per un’altra persona. Sii forte, ma con te stesso, e sii dolce con gli altri. Questo li avvicinerà ancora di più alle vie della Torà.
La sua opera, i suoi insegnamenti ed il suo esempio continuano ad illuminare.
…
Vi auguro un Shabbàt pieno di luce e una settimana colma di successo, materiale e spirituale.
Shabbàt Shalom,
Rav Shalom Hazan
Questa sera, mercoledì 24 giugno alle 20,45, storie e lezioni di vita dal Rebbe di Lubavitch.
26 giugno venerdì sera: 20,00
27 giugno shabbàt mattina: 9,30
27 giugno shabbàt sera: 19,30 minchà, pasto festivo e ‘arvìt
Il Kiddush è offerto dalla famiglia Moscati in onore del compleanno della figlia. Hazzak e Mazal Tov!
La Seu’dà Shelishìt all’uscita dello Shabbat è offerta dalla famiglia Calò per festeggiare le nozze della figlia Valentina con Alberto Zarfati. Hazzak e Mazal Tov!
Per offrire i prossimi Kiddush contatta Rav Shalom. Grazie!
Il lunedì 29 giugno alle ore 20, lezione di Tanya e Talmud per uomini.
La lezione del mercoledì 1° luglio è rimandata.
Per mandare una lettera con richiesta di Berachà che sarà letta presso la tomba del Rebbe, clicca qui.
Informazioni sul Rebbe
La Fatica delle Nostre Mani
La gente pensa che siccome D-o non è materiale, sicuramente si trova nel Cielo. Ma i cieli – e tutto ciò che è spirituale – sono creati da D-o, come la terra. Meno dissonante, più armonioso, più lucido – ciò nonostante si tratta sempre di sfere limitate.
D-o non si fa trovare data la capacità del luogo, ma per il Suo desiderio di trovarsi in quel posto. Il Suo desiderio è di farsi trovare nella fatica delle nostre mani per riparare il Suo mondo.
Nei Cieli c’è la luce di D-o. Nella fatica delle nostre mani si esprime Egli stesso, la fonte della luce.
— Il Rebbe di Lubavitch (adattato da rav Tzvi Freeman)
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