Ci troviamo nel periodo dei “Dieci giorni di penitenza” da Rosh Hashanà a Yom Kippur. Secondo la tradizione questo è un periodo durante il quale il Sign-re è particolarmente vicino a noi. Il Talmud insegna che durante questo periodo la preghiera di una persona vale quanto quella di un pubblico (un minyàn). Chiaramente questi giorni rappresentano un momento di serietà, di acconto e di ritorno, nel senso di “Teshuvà”
Lo Shabbàt che cade tra Rosh Hashanà ha un nome particolare: Shabbàt Shuvà (o Shabbàt Teshuvà). Questo Shabbàt potrebbe sembrare un paradosso: Da una parte lo Shabbàt è un momento di piacere, non solo per l’anima ma anche per il corpo, e dall’altra è comunque il periodo serio della Teshuvà. In realtà non esiste alcuna contradizione, al contrario. La radice della parola Teshuvà, t-sh-v, si trova anche nella parola Shabbàt. (ת-ש-ב, ש-ב-ת). In un certo senso lo Shabbàt e la Teshuvà rappresentano lo stesso concetto, quello del ritorno. Anche lo Shabbàt è un momento di elevazione e distinzione dalla mondanità e quindi un ritorno dell’anima verso una realtà più elevata.
Questo Shabbàt ci troviamo, quindi, con un doppio vantaggio: quello dello Shabbàt e quello della Teshuvà. La gioia e il piacere dello Shabbàt ci aiutano ad affrontare la Teshuvà da un punto di vista più elevato e rimosso dalla mondanità e dal peccato. Secondo il Rebbe di Lubavitch, in un certo senso la Teshuvà dello Shabbàt è ancora più importante della Teshuvà del giorno di Kippùr. Perché? Poiché se per il giorno di Kippùr il piacere corporale è visto come un ostacolo davanti alla Teshuvà, per il giorno di Shabbàt Shuvà è proprio quel piacere a darci un ulteriore spinta alla Teshuvà.
Vi auguro quindi un buon Shabbàt Shuvà!
Rav Shalom Hazan
Sei Già Tornato?
7 ottobre, 2011Sei Già Tornato?
Il Maghìd Rabbì DovBer di Mezritch insegnò che la Teshuvà (il “ritorno” o pentimento) dovrebbe essere talmente profondo per far sì che il livello divino indicato dal nome “Havayah” (il tetragramma), una livello di divintà trascendente, diventi “Elokecha” ossia che possa illuminare la sfera personale e limitata dell’uomo (cosa che è indicato anche dal valore numerico del nome Elokìm che corrisponde alla parola “hateva” – la natura).
Tutti i discepoli del Maghìd furono profondamento toccati da questo insegnamento. Uno degli allievi, il Rebbe Zushe di Anipoli, disse che non avrebbe potuto arrivare a livelli talmente elevati della Teshuvà e che avrebbe quindi diviso la Teshuvà nelle sue vari componenti, indicati dalle lettere che formano la parola Teshuvà, ognuno dei quali indica un altro versetto:
T: Tamim – “Sii integro con il Sign-re tuo D-o.”
Sh: Shiviti – “Ho posto l’Eterno davanti a me, costantemente.”
U: Ve’ahavta – “Ama il tuo prossimo come te stesso.”
V: Bechol – “In tutte le vie, conosciLo.”
H: Hatzne’a – “Procedi umilmente con il tuo D-o.”
Quando il Rebbe Shalom DovBer di Lubavitch raccontò questo al suo figlio Rabbì Yossef Yitzhàk, concluse: La parola Teshuvà è composta da cinque lettere, ogni lettera corrisponde ad una via ed un metodo specifico di Teshuvà” (e spiegò ogni metodo in dettaglio).
T: Tamim…, “Sii sincero con D-o.” Questo rappresenta il servizio della Teshuvà fatto attraverso la sincerità. Sincerità, o integrità, può assumere molte forme e si trova su molti livelli. Il livello più elevato in relazione alla Teshuvà è “la completezza del cuore” che si chiama anche fedeltà o integrità come la Torà dice di Avraham “hai trovato che il suo cuore era fedele dinanzi a Te”.
Sh: Shiviti…, “Ho posto l’Eterno (Havayah) davanti a me, costantemente” Il nome Havayah indica la creazione dell’universo e le creature. L’atto continuo di creazione è effettuato dal costruire un ponte su uno spazio infinito dal “ayin” (non-esistenza) al ‘yesh’ (esistenza). Questa forma di Teshuvà risulta dall’essere costantemente consci della maniera in cui l’esistenza viene costantemente creata da D-o.
U: V’ahavta…, “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Il Alter Rebbe (autore del Tanya e Shulchan Aruch HaRav) insegnò che l’amore è uno strumento, un mezzo, per poi amare “il Sign-re tuo D-o”. Come indicato anche dalla mishnà che dice chi è piacevole ai uomini è piacevole a D-o). Questo metodo di Teshuvà deriva dalla bontà e la benevolenza del cuore.
V: B’chol…, “In tutte le vie, conosciLo.” Una persona che decide di osservare tutto ciò che accade intorno a sé potrà percepire l’opera Divina in maniera evidente. Uomini d’affari hanno questo “vantaggio” rispetto agli studiosi, in quanto sono sempre testimoni della “mano di D-o”. Questa forma di Teshuvà deriva dalla percezione di “hashgachà peratìt” ossia della Providenza Divina specifica.
H: Hatznei’a…, “Procedi umilmente con il tuo D-o.” Non bisogna essere vistosi o ostentarsi minimamente. E’ detto “l’uomo deve sempre essere furbo nella devozione”. La furbizia sta nel assicurarsi che la propria devozione non sia notata da tutti. Sappiamo che i primi Hassidìm si nascondevano e quando veniva rivelato il loro alto livello di devozione ne rimanevano sinceramente angosciati. Questa forma di Teshuvà deriva dal “hatzne’a lechet” l’essere umili e riservati.
da Hayom Yom
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