Nozze

Continua da La Famiglia Friedman
[Che cosa è Nel Profondo della Notte Sovietica?]

Mio suocero era un Rav chassidico discendente dal Maggid di Mezerich, Rav Dov Ber (1704-1773), che guidò il movimento chassidico dopo la morte del Baal Shem Tov. Sotto l’influenza e la direzione del Maggid, il chassidismo si diffuse in molte comunità ebraiche in tutta l’Europa orientale. Mio suocero era anche imparentato con i rebbe di Ruzhin, Boyan e Sadigora.

Quanto a lui, era un chassid di Boyan. Essendo saggio e intelligente, molti lo cercavano per chiedergli consigli. Allo stesso tempo, era caloroso, sensibile, e amato da tutti. Pur soffrendo da anni di una malattia di cuore, brillava sempre di gioia, e il sorriso non lasciava mai la sua faccia. Solo quando parlava dei problemi dell’ebraismo mostrava un lato diverso: in quel caso tuonava da una posizione priva di compromessi.

E non era ingenuo rispetto alle possibili conseguenze della sua franchezza: “Non c’è un solo giorno in cui non siamo in pericolo”, mi disse una volta. Eppure sia lui che sua moglie continuavano le loro attività. Tenevano un minyàn in casa.

Facevano un bel Kiddùsh di Shabbàt e durante le feste, che attraeva molta gente che veniva a pregare. Lui insegnava Torà privatamente. Le Seudà Shelishìt [pasto del pomeriggio di Shabbàt, NDT] celebrate nella loro casa erano occasioni pubbliche, in cui cantavano apertamente e parlavano di
Torà e di argomenti chassidici. La loro casa era un vero albergo, dove chiunque poteva entrare e restare.

Mia suocera incoraggiava il marito in tutto ciò che faceva. Tutto il lavoro materiale per preparare queste occasioni ricadeva su di lei, e lei lo faceva in allegria e con efficienza. Si occupava anche della accurata educazione dei loro figli, e le sue buone azioni erano superate solo dal suo timore di D-io.

Reb Zusia amava i figli e le loro famiglie di amore appassionato. Essi d’altro canto gli portavano molto rispetto, ed ognuno di loro seguiva il suo esempio. Mai un membro della sua famiglia trasgredì lo Shabbàt o qualsiasi altra mitzvà. I bambini non andavano alle scuole sovietiche, e tutti i maschi portavano la kippà, gli tzitzìt e le peyòt.

Tutti i parenti acquisiti di Reb Zusia erano anch’essi timorosi di D-io e osservanti. Ciascuna famiglia era un’eccezione nella sua città, in quanto non si arrendeva ai comunisti. Una legge che Reb Zusia aveva stabilito per tutti i suoi figli era che avrebbero dovuto morire piuttosto che mandare i loro figli alle scuole sovietiche. Non cedeva mai nelle questioni che implicavano la santificazione del Nome.

Il figlio maggiore, Reb Avraham, aveva timor di D-io alla pari di suo padre. Tale era, del resto, la convinzione di tutta la sua famiglia. Ricordo una visita che Reb Avraham fece a suo padre mentre era a letto malato, poco dopo che ero arrivato a Odessa. Il figlio cominciò a raccontare tutte le sofferenze che aveva dovuto passare per non aver mandato i figli alle scuole pubbliche. Il padre si tirò su e le abbracciò. Con voce rotta dall’emozione, disse: “io e i miei figli ci lasceremo uccidere piuttosto che dare uno solo dei nostri bambini alle scuole sovietiche!”.

Questa scena fu scolpita indelebilmente nel mio cuore. Sapevo che davvero ogni membro della famiglia era pronto a morire per il Kiddùsh ha-Shem [Santificazione del Nome Divino, NDT].

Reb Zusia morì appena una settimana dopo il mio fidanzamento, ma tutte le sue attività continuarono a funzionare: ogni Shabbàt si riuniva a casa sua un minyàn, e c’erano altri tre templi e parecchi minyanìm segreti dove gli uomini si recavano regolarmente a pregare. I minyanìm erano tenuti principalmente da rabbini e anziani ebrei istruiti, perché pochi tra i giovani erano ancora osservanti.

C’era solo un’altra famiglia che era pari a quella di mio suocero per la sua aderenza alla Torà e alle mitzvòt, quella del Rav di Turov. Erano venuti a Odessa dalla Polonia a seguito della prima guerra mondiale ed erano rimasti tenacemente legati alla tradizione. Vivevano in terribile povertà, e nessuno della famiglia aveva lasciato i sentieri della Torà. Sia i figli del Rav che i suoi generi portavano le peyòt. Quando passavo per la strada dove abitavano non potevo fare a meno di entrare a trovarli, e ogni volta lasciavo la loro casa soddisfatto e ispirato. Purtroppo l’intera famiglia fu in seguito spazzata via dai nazisti, ad eccezione del genero più anziano, due figli di un altro genero e il genero più giovane con tutta la sua famiglia. I sopravvissuti sono rimasti fino ad oggi completi nella loro aderenza alle mitzvòt.

In un tale ambiente finalmente cominciai a respirare. Le nostre vite erano naturalmente cariche di pericolo, ma eravamo

rinforzati dall’incoraggiamento reciproco. Durante la mia gioventù la mia famiglia aveva preferito stabilirsi in una cittadina piccola, nella presunzione che la Yevsektzia avrebbe concentrato i suoi sforzi nelle grandi città; ora scoprii che avevamo sbagliato: nelle grandi città, Mosca, Leningrado, Odessa e Kiev, gli ebrei religiosi si erano uniti per tenere vivo il loro ebraismo, cosicché erano in grado di mantenere lo Shabbàt, la kasherùt ed altre pratiche, praticamente tutto ad eccezione di tenere i loro figli al di fuori delle scuole sovietiche, il principale veicolo di assimilazione.

In enormi metropoli la presenza di ebrei religosi non attirava tanto l’attenzione. Erano in grado di trovare un certo numero di lavori che non richiedevano la violazione dello Shabbàt. E nelle città la Yevsektzia non deteneva il potere totale che aveva nelle cittadine e negli shtètlach. Negli shtètlach di confine, come Krasnostav, si scoprì, la vita era stata peggiore che in tutti gli altri luoghi in Russia, perché le politiche dei comunisti venivano messe in pratica più strettamente nelle zone vicine alle frontiere.

Il mio matrimonio ebbe luogo il 14 giugno 1937, in un tempo in cui i rabbini delle città piccole venivano mandati in esilio e i matrimoni ebraici erano affari clandestini tenuti nelle cantine. Eppure, nessuno degli ospiti – e ce n’erano centinaia – soffrì alcuna conseguenza a seguito della celebrazione. I miei genitori goderono di un raro e prezioso momento di felicità.

Il matrimonio si fece in strada, e c’erano molto agenti della GPU [polizia segreta sovietica] tra gli ospiti: siccome la GPU teneva costantemente sotto controllo i visitatori della casa dei Friedman, gli agenti senza dubbio si consideravano lontane conoscenze, autorizzate a partecipare alle feste di famiglia.

Continua…

Tradotto da Yisrael (Rudi) Lichtner, che dedica il lavoro in memoria della sua Nonna, i suoi Zii e i suoi Cugini, zichronam livrakhah, che furono distrutti nella Shoa.

Progetto a cura di Rav Shalom Hazan

Capitoli precedenti: Il Lago Rosso, La Rivoluzione, Il Comunismo, La Yevsektsiya, Le Fabbriche, La Guerra Contro Le Yeshivòt, Discussione Talmudica con le Autorità, Stalin Uccide i Chassidìm, La Fabbrica di Mattoni, La Lotta Per lo Shabbàt, La Strage dei Kolkhoz, La Fuga del Rav, La Lotta per Sopravvivere, Miracolo Nel Cimitero, La distruzione delle Sinagoghe. L’ufficio di Leva, Il Censimento di Stalin, La Famiglia Friedman

L’autobiografia di Rav Aharon Chazan di Benè Beràk. Rav Chazan ha vissuto nell’Unione Sovietica dalla Rivoluzione fino al 1966, non lasciando per un giorno la sua osservanza forte dell’ebraismo, nonostante le minacce e l’oppressione dei comunisti. Il Rav ormai ha visto anche il crollo di quel regime brutale e ha testimoniato il risorgimento dell’ebraismo nell’ex-URSS. Oggi, alcuni dei suoi nipoti sono all’avanguardia della rinascita dell’ebraismo negli stessi luoghi dove una volta ha dovuto lottare per rimanere fedele alla tradizione. Rav Chazan è scomparso nel Agosto 2008 – Menachem-Av 5768 all’età di 96 anni.

© 2008 Shalom Hazan. Non è permesso riprodurre in alcun modo senza permesso per iscritto.

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Una Risposta to “Nozze”

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