Archive for gennaio 2010

Esodo in due puntate

28 gennaio, 2010

Chabad Lubavitch di Monteverde
29 gennaio 2010 – 14 Tevet 5770

Cari Amici,

Il Rebbe di Kotzk disse: “Se io sono io perché tu sei tu e tu sei tu perché io sono io, allora io non sono io e tu non sei tu. Ma se io sono io perché sono io e tu sei tu perché sei tu, allora veramente io sono io e tu sei tu!”

Se una persona dipende dal riconoscimento degli altri, non varrebbe molto anche se avesse tale riconoscimento… Ma se è “qualcuno” perché si fa valere obiettivamente attraverso le sue azioni, è realmente valido anche senza rimunerazione…

Shabbat Shalom!

Rav Shalom e Chani Hazan

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Esodo in Due Puntate

La scorsa settimana abbiamo letto riguardo alla decima piaga che ha finalmente rotto la presunzione del Faraone e degli egiziani dando via al grande Esodo dall’Egitto: dopo quattro generazioni di schiavitù il popolo ebraico si mette finalmente in marcia verso la Terra d’Israele.

La storia non finisce lì. Nella Parashà di Beshalàch incontriamo di nuovo gli egiziani alla rincorsa dei Figli d’Israele nel deserto.
Ciò é sorprendente. Gli Egiziani non erano già forse stati sconfitti in Egitto?

Il Faraone stesso cercò Moshè ed Aharòn per esortarli a prendere il loro popolo ed andarsene al più presto! Chi è, quindi, questo potente Faraone che si presenta nel deserto pronto ad attaccarci con i suoi soldati e carri da guerra?

I maestri della Kabbalà spiegano che esistono due fasi nella ricerca della libertà da parte dell’uomo. Due stadi che corrispondono alle parashiòt di Bò e Beshalàch e, in parallelo, ai primi e gli ultimi giorni di Pesach.

Da un lato l’esodo dall’Egitto che avviene la prima sera di Pesach e dall’altro la spaccatura del Mar Rosso che avviene il settimo giorno di questa festa.

È necessario percorrere queste due fasi per ottenere una vera libertà proprio perché esistono due tipi di schiavitù. Il primo genere è quello imposto da una forza esterna, dalle catene che
ci legano – sia nel significato che emerge dalla Torà, come in Egitto, sia in senso metaforico.

Il secondo invece è una schiavitù che scaturisce dalla persona stessa, come quelle catene dalle quali essa stessa si lascia imprigionare: collera, la presunzione, l’inerzia… catene che la legano a se stessa.

Sciolte le catene del Faraone ci ci sente naturalmente uomini liberi. Il Faraone continua invece a perseguitarci: quello che incontriamo nel deserto è effettivamente lo stesso che abbiamo preso con noi uscendo dall’Egitto.

Siamo stati liberati dall’Egitto che ci teneva fisicamente prigionieri ma rimane ancora il lavoro di trascendere “l’Egitto” che si trova dentro di noi, di uscire dalle nostre limitazioni interne.

Per far ciò dobbiamo “aprire il mare”, penetrare la profondità di chi e cosa siamo per poi rivelare la nostra identità autentica.

Come spiega Rav Yehudà Loew di Praga nel suo Netzach Yisrael, in questo si manifesta l’identità di un popolo che è libero anche quando è fisicamente incatenato.

Perché ormai la sua anima non può essere sottomessa e serve solo il Sign-re.

Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch
adattato da rav Shalom Hazan

Aereo Dirottato Per Tefillìn

22 gennaio, 2010
Chabad Lubavitch di Monteverde
22 gennaio 2010 – 7 Tevet 5770

Cari Amici,

Chi avrebbe mai pensato che i giornali di tutto il mondo parlassero dei Tefillìn? E’ quello che sta accadendo, causa un ragazzo diciasettenne che si è messo a pregare con i Tefillìn durante un volo da New York al Kentucky. Vedete in basso il legame sorprendente con la Parashà di questa settimana…

Per informazioni sui Tefillìn in generale, clicca qui.

Altra notizia interessante: La banca americana Chase ha creato un programma di beneficenza per distribuire fondi a 100 associazioni caritatevoli che riceveranno 25,000 dollari. La banca ha aperto la votazione su Facebook per scegliere 5 vincitori il primo dei quali riceverà ben 1milione di dollari e gli altri quattro 100,000$ ciascuno.

Tra queste prime cinque vi è un’unica organizzazione ebraica: La Friendship Circle, un’associazione gestita da Chabad negli USA che si occupa di bambini disabili.

Attualmente la Friendship Circle è al quarto posto e la votazione avrà fine stasera! Aiutiamoli ad arrivare al primo posto! Si può votare solo su Facebook (quindi bisogna essere iscritti).

Clicca su: http://vote4fc.com e comunicalo a tutti i tuoi amici su FB!

Per ulteriori informazioni sul concorso clicca qui. Per info sulla Friendship Circle clicca qui.

Per informazioni sulla Chabad Haiti Relief Effort clicca qui.

Signore e Signorine, vedete in basso le info per la riunione delle Donne di Monteverde che si svolgerà questa settimana!

Shabbat Shalom!

Rav Shalom e Chani Hazan

Appuntamenti…Shabbàt al Tempio

Orari delle Tefillòt per Shabbàt 22-23 gennaio:

22 gennaio venerdì sera: 16,55

23 gennaio shabbàt mattina: 09,30

23 gennaio shabbàt pomeriggio: 16,50

Il kiddush di questo Shabbàt è offerto da Angelo Di Porto, Hazzak!

Gli incontri della settimana

mini-lezione 1: venerdì sera tra Minchà e ‘Arvìt: lezione di Halachà

mini-lezione 2: Shabbàt mattina prima della Tefillà lezione sul significato delle preghiere

Shabbàt pomeriggio dopo minchà:
lezione con rav Bahbout

martedì 26/01: Tanya e Talmud ore 20,00 (uomini)

mercoledì 27/01: lezione alle ore 20,30 (uomini e donne)

Gruppo Donne di Monteverde

La 2° edizione della preparazione della Challà con un intervento di un ospite speciale!

La Sig.ra Bassi Garelik di Milano interverrà sul tema “La donna nell’ebraismo, è sottomessa o sottomette?”

Non mancare a questa occasione speciale!

Martedì 27 gennaio alle 20,30 al Tempio dei Colli Portuensi

Foto della Settimana
Gan Rivkà
Colli Portuensi
Alef


Finalmente stiamo apprendendo le letterine… ed ecco la Alef!

Aereo Dirottato Per i Tefillìn

Questa settimana molti quotidiani hanno rubato il mio mestiere mettendosi a spiegare concetti ebraici come i Tefillìn…Almeno mi hanno lasciato qualcosa però: non si sono accorti che la Parashà che studiamo e leggiamo pubblicamente questa settimana include anche la fonte di questo precetto! (La mitzvà è ripetuta due volte, l’ultima è la conclusione dell’intera lettura settimanale).

Il contesto storico è quello dei momenti finali antecedenti l’esodo dall’Egitto. Le ultime tre piaghe saranno raccontate in questa Parashà e il popolo inizia a formarsi formalmente con l’acquisizione di precetti – mitzvòt – trasmessi da D-o attraverso Moshè.

Tra questi i Tefillìn che fanno parte delle molte mitzvòt e usanze che ci ricordano l’Esodo.

Nel ricordare l’Esodo non stiamo cercando solamente di non dimenticare l’accaduto ma anche di nuovamente vivere l’esperienza. L’esperienza è quella di un popolo schiavo di un’altro che diventa libero per servire l’unico D-o.

I Tefillìn, che si legano sulla fronte in corrispondenza al cervello e sul braccio in corrispondenza al cuore, rappresentano proprio questo: il concetto di legare la propria mente, l’intelletto, e i sentimenti, le emozioni, alla volontà del Creatore.

Ogni mattina quando si mettono i Tefillìn e si riconosce questo concetto (come il codice di legge, lo Shulchan Aruch, ci invita a fare) si esce nuovamente dal’Egitto della schiavitù personale per accedere e legarsi a qualcosa di più elevato.

Questo per quanto riguarda i Tefillìn in generale. Un’altro messaggio mi ha colpito ed è quello dei Tefillìn messi pubblicamente (in questo caso dal ragazzo sul aereo) che mi ricorda un’ulteriore aspetto della Parashà:

Nel momento che il faraone si arrende, durante la piaga della morte dei primogeniti, corre da Moshè e Aharòn e li prega di uscire dalla sua terra con il loro popolo.

Secondo il Midràsh, Moshè disse al faraone: “Siamo forse dei ladri che escono scappando in mezzo alla notte?! Usciremo in pieno giorno!”

Penso che le parole di Moshè si riferiscono anche al piccolo “faraone” che ognuno di noi si porta dietro… L’ebreo non ha motivo di trovarsi in imbarazzo o di vergognarsi quando si comporta da ebreo. Anzi, la fierezza di noi ebrei potrebbe alimentare la tolleranza e la comprensione su molti livelli.

di rav Shalom Hazan

P.S. Se sei un maschio ebreo che ha compiuto 13 anni e vuoi mettere i Tefillìn ma non sai come contattami scrivendo un commento qui sotto.

Sintesi della Parashà Bo

Esodo 10:1-13:16

Gli Egiziani vengono colpiti con le ultime tre delle Dieci Piaghe: uno sciame di cavallette mangia tutto il raccolto, un buio fitto copre la terra e tutti i primogeniti egiziani vengono uccisi allo scoccare della mezzanotte del quindicesimo giorno di Nissàn.

Il Sign-re comanda la prima mitzvà al popolo d’Israele, ovvero di stabilire un calendario basato sul ciclo della luna. Essi vengono anche ordinati di portare un sacrificio Pasquale di un capretto, dopo la shechità il sangue dovrà essere spruzzato sugli stipiti delle porte di ogni casa, affinché il Sign-re sappia quali case saltare durante l’uccisione dei primogeniti. La carne arrostita dovrà essere ingerita quella notte insieme alla matzà e alle erbe amare.

La morte dei primogeniti finalmente induce il Faraone ad abbandonare ogni resistenza, è lui in persona a mandare i Figli d’Israele via dalla sua terra. Essi partono con tanta fretta che non hanno il tempo di lasciare lievitare l’impasto del pane che portano con loro. Prima di lasciare l’Egitto chiedono ai vicini egiziani di dargli l’oro, l’argento ed i loro vestiti.

Il Sign-re comanda i Figli d’Israele di dedicargli ogni primogenito e di commemorare l’anniversario dell’Esodo ogni anno, togliendo ogni cibo lievitato dalla propria casa per sette giorni, mangiando la matzà e raccontando la storia della redenzione ai propri figli. Essi dovranno inoltre indossare i tefillìn sulla testa e sul braccio come ricordo dell’Esodo e del loro patto con D-o.

Tratto dal sito chabad.org, traduzione di Chani Benjaminson per chabadroma.org e pensieriditora.it

Full Immersion

15 gennaio, 2010
Chabad Lubavitch di Monteverde
15 gennaio 2010 – 29 Tevet 5770

Cari Amici,

La tragedia del terremoto a Haiti ha visto coinvolgere tutto il mondo nelle missioni di salvataggio e di supporto. I centri Chabad più vicini a Haiti sono coinvolti fin dai primi momenti nel supporto delle vittime e dei soccoritori.

Rav Shimon Pelman e Rav Mendy Zarchi, rispettivamente direttori del centro Chabad della Repubblica Dominicana e del Puerto Rico, comunicano le ultime notizie sul Chabad Haiti Relief Blog (ultima notizia: la comunità ebraica di Santo Domingo ha donato quattro camion di cibo per la popolazione di Haiti. Considerando la situazione al momento, il gesto darebbe la possibilità di cibarsi a centinaia di persone).

Per contribuire alla Chabad Haiti Relief Effort clicca qui.

Quando ci troviamo di fronte a tragedie il Maimonide (Rambam) ci invita non solo ad aiutare le persone colpite ma anche a cercare dentro noi stessi e migliorare i nostri modi. “Non dire ‘è un caso che può accadere'” scrive appunto Rambam.

Shabbat Shalom!

Rav Shalom e Chani Hazan

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Appuntamenti…

Shabbàt al Tempio

Orari delle Tefillòt per Shabbàt 15-16 gennaio:

15 gennaio venerdì sera: 16,45

16 gennaio shabbàt mattina: 09,30

16 gennaio shabbàt pomeriggio: 16,45

Il kiddush di questo Shabbàt è offerto da Lello e Rossella Della Rocca in onore del anniversario del matrimonio. Mazal Tov e Hazzak!

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Gli incontri della settimana

mini-lezione 1: venerdì sera tra Minchà e ‘Arvìt: lezione di Halachà

mini-lezione 2: Shabbàt mattina prima della Tefillà lezione sul significato delle preghiere

Shabbàt pomeriggio dopo minchà:
lezione con rav Bahbout

lunedì 18/01: Tanya e Talmud ore 20,00 (uomini)

mercoledì 20/01: lezione alle ore 20,30 (uomini e donne)

Gruppo Donne di Monteverde

La 2° edizione della preparazione della Challà con un intervento di un ospite speciale!

La Sig.ra Bassi Garelik di Milano interverrà sul tema “La donna nell’ebraismo, è sottomessa o sottomette?”

Non mancare a questa occasione speciale!

Martedì 27 gennaio alle 20,30 al Tempio dei Colli Portuensi

Per ulteriori info contatta Chani Hazan: chana.hazan@gmail.com

polizia Foto della Settimana
La Polizia al Gan Rivkà

I bimbi del Gan stanno seguendo un programma di studio sui vari mestieri. Che bella sorpresa quando sono arrivati due veri poliziotti a spiegarci cosa fanno! Per non parlare degli zainetti della Polizia che ci hanno regalato…

Grazie Fabio e Cristiano e tutto il commissariato di Monteverde!

Full Immersion
La Parashà precedente si conclude con la domanda-protesta di Moshè: “Da quando mi sono recato dal Faraone per parlare in Tuo nome, la sorte di questo popolo è peggiorata e non hai [neppure] salvato il Tuo popolo!”

È interessante notare che il primo versetto della risposta del Sign-re conclude la Parashà precedente e la risposta continua nell’inizio della Parashà in questione, Va’erà.

“Ora vedrai ciò che farò al Faraone, poiché con mano forte ti lascerà andare… Apparvi ad Avrahàm, Yitzchak e Ya’acòv come ‘D-o Onnipotente’, ma con il mio nome ‘Hashèm’ (il tetragramma) non mi feci conoscere da loro”. (Shemòt 6, 1-3).

In effetti D-o stava dicendo a Moshè che anche i patriarchi furono sottoposti a varie prove, ma non avevano posto in dubbio le Sue vie (Talmùd Sanhedrìn 111a).

È chiaro che Moshè non era un qualsiasi ribelle e che il suo atteggiamento andrebbe capito nel contesto del suo livello spirituale anche rispetto a quello dei patriarchi.

Rabbì Shneor Zalman di Liadì spiega nel suo Likutè Torà (Bemidbàr 94d) che Moshè serviva il Creatore principalmente attraverso l’intelletto (ed è proprio per questo che la Torà, la saggezza di D-o, fu da lui trasmessa) mentre l’aspetto essenziale dell’operato degli avi era quello che nasceva dai sentimenti emotivi del cuore.

Avrahàm, Yitzchak e Ya’acòv rappresentano infatti rispettivamente l’amore il timore e la misericordia, dei sentimenti, mentre Moshè rappresenta la saggezza.

Dunque la domanda di Moshè non era fuori luogo: l’impossibilità di percepire le vie del Sign-re avrebbe indebolito il suo legame con Lui, legame che si basava appunto sull’intelletto.

La domanda non era quindi una forma di mancanza di rispetto ma un modo per avvicinarsi al Sign-re cercando di capirne meglio le vie.

D-o ricorda a Moshè di esserglisi rivelato con il Tetragramma, ossia il nome che rappresenta la Sua trascendenza di tutti i limiti. Il messaggio sarebbe quindi che anche Moshè avrebbe dovuto trascendere i propri limiti e servire D-o non solo con l’intelletto ma anche con la fede e l’emozione, uscendo quindi dai propri limiti.

Il messaggio è concreto e valido anche oggi. Se sei razionale per natura, sappi che per servire D-o nella maniera più giusta e completa devi dare espressione anche ai lati emotivi che nascondi in te. Se invece sei di indole emotiva e sentimentale, lascia che anche il tuo intelletto scopra la bellezza che si cela
nella Torà.

Perché servire il Sign-re significa dedicargli tutto se stesso, tutta la propria persona, in ogni luogo e momento.

Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch
di rav Shalom Hazan

Sintesi della Parashà
Vaerà

Esodo 6,2-9,35

Il Sign-re si rivela a Moshè. Usando le ‘quattro espressioni di redenzione’, promette di: far uscire I Figli d’Israele dall’Egitto, di liberarli dalla schiavitù, di redimerli e di prenderli come Suo popolo eletto al Monte Sinai; infine li porterà nella Terra che Egli ha promesso ai patriarchi come loro eredità eterna.

Moshè e Aharòn si presentano al Faraone diverse volte chiedendo in nome del Sign-re, “Lascia andare il Mio popolo affinché Mi serva nel deserto”.

Il Faraone rifiuta la richiesta ripetutamente. Il bastone di Aharòn si tramuta in un serpente che ingoia i bastoni dei maghi egiziani. In seguito il Sign-re scaglia la Sua ira con una serie di piaghe sugli egizi.

Le acque del Nilo si tramutano insangue, numerose rane infestano la terra e pidocchi coprono uomini e animali. Branchi di animali selvaggi invadono le città, un’epidemia uccide gli animali domestici, gli egizi vengono afflitti da dolorose piaghe sulla pelle. Nonostante tutto ciò, “il cuore del Faraone rimase ostinato ed egli non lasciò andare il popolo”, come il Sign-re aveva predetto a Moshé.

Tratto dal sito chabad.org, traduzione di Chani Benjaminson per chabadroma.org e pensieriditora.it

Disabili o Speciali?

8 gennaio, 2010

Cari Amici,

Dopo la pausa invernale riprende l’attività della ludoteca Gan Rivkà.

Bentornati a tutti quanti!

fran

Questa settimana si inizia a leggere ed a studiare il libro di Shemòt – Esodo.

Si racconta che una volta una persona fu arrestata e messa in galera. Rimase lì per molti anni in assoluta solitudine. Sembrava che non ci fossero più gli ufficiali del carcere, che fossero andati via lasciandolo solo.

Un giorno passa una persona anziana e dalla finestra intravede la presenza dell’uomo carcerato. Cosa fai qui? gli chiede l’anziano. “Sono stato arrestato e sembra tutti si siano dimenticati di me”. La persona anziana si avvia verso la porta dicendo “ma hai provato ad aprire?” Con la mano gira la maniglia della porta che si apre tranquillamente…

Come dire, a volte la piccola redenzione che cerchiamo già c’è, basta rendersi conto…

Shabbat Shalom!
Rav Shalom e Chani Hazan

Shabbàt al Tempio

Orari delle Tefillòt per Shabbàt 8-9 gennaio:

8 gennaio venerdì sera: 16,35
9 gennaio shabbàt mattina: 09,30
9 gennaio shabbàt pomeriggio: 16,30
Il kiddush di questo Shabbàt è offerto dalla famiglia Aron e Rosi Zanzuri. Hazzak!

Gli incontri della settimana

mini-lezione 1: venerdì sera tra Minchà e ‘Arvìt: lezione di Halachà
mini-lezione 2: Shabbàt mattina prima della Tefillà lezione sul significato delle preghiere

Shabbàt pomeriggio dopo minchà: lezione con rav Bahbout
domenica 10/01: Come leggere il Séfer ore 20,30
martedì 12/01: Tanya e Talmud ore 20,00 (per uomini)
mercoledì 13/01: “Prima di poter gestire la vita, la devi capire” . . . Un approfondimento sui concetti di ‘vita’ e ‘esistenza’ore 20,30 (uomini e donne)

Video della settimana

Nel 1976 i giochi paralimpici (l’equivalente dei giochi olimpici per atleti con disabilità fisiche o intellettive) ebbero luogo a Toronto nel Canada. Vi parteciparono un centinaio di atleti israeliani, molti dei quali furono feriti in guerra per la difesa della terra d’Israele.
Approfittando del viaggio in Nord America, il gruppo si recò a New York per incontrare il Rebbe di Lubavitch.
Nel suo discorso il Rebbe sollevò l’idea che i termini “handicappati” o “disabili” non fosse corretto e che un termine “speciale” o “eccezionale” sarebbe più coerente. Colui che ha perso la facoltà fisica di un arto o una parte del corpo, riceve delle altre capacità, anche spirituali, che gli consentono di vivere una vita completa e piena. (Si tratta del 1976, quando ancora non erano di modo i termini ‘politicamente corretti’…)

Clicca la foto per vedere l’incontro (sottotitoli in inglese):

mezuyanim

Clicca qui per leggere la storia dalla prospettiva di una delle persone “speciali” presenti. “Il Rebbe disse grazie” (in inglese)

Sintesi della Parashà
Shemòt

I figli d’Israele si moltiplicano in Egitto. Il Faraone ordina alle ostetriche ebree, Shifrà e Puà, di uccidere tutti i neonati maschi. Vedendo che esse non gli obbediscono egli ordina agli egiziani di gettare i neonati ebrei nel Nilo.

Yocheved, figlia di Levì, e il marito Amràm, hanno un figlio che viene messo in una cesta impermeabile nel fiume mentre la sorella maggiore, Miriàm, lo sorveglia dalla riva. La figlia del Faraone trova il neonato, lo porta a casa e lo cresce come suo figlio chiamandolo Moshè.

Moshè cresce e inizia ad uscire dal palazzo dove scopre le sofferenze del suo popolo. Vedendo un egiziano picchiare fortemente un ebreo lo uccide. Il giorno dopo vede due ebrei coinvolti in una lite, quando li ammonisce essi lo accusano dell’uccisione dell’egiziano il giorno prima, Moshè per paura di essere condannato, è obbligato a fuggire a Midiàn. Lì aiuta le figlie di Yitrò scacciate dal pozzo dai pastori, sposa la figlia maggiore, Tziporà, e diventa pastore del gregge di suo suocero.

Il Sign-re si rivela a Moshè in un cespuglio rovente ai piedi del Monte Sinai dove gli ordina di andare dal Faraone dicendogli:  “lascia andare il Mio popolo, affinché essi Mi possano servire”. Aharòn, il fratello di Moshè, fungerà da suo portavoce. In Egitto,

Moshè e Aharòn radunano i saggi dei Figli d’Israele per dirgli che è giunto il momento della loro redenzione. Essi hanno fiducia nelle parole di Moshè ma il Faraone rifiuta di lasciarli andare incrementando le sofferenze dei Figli d’Israele.

Moshè rivolge una protesta al Sign-re, “Come mai hai fatto male al Tuo popolo?” Il Sign-re lo assicura che la redenzione è alle porte.

Tratto dal sito chabad.org, traduzione di Chani Benjaminson per chabadroma.org e pensieriditora.it

Shabbat Shalom

1 gennaio, 2010
Chabad Lubavitch di Monteverde

1 gennaio 2010 – 15 Tevet 5770

Cari Amici,
Il grande maestro chassidico rav Levi Yitzchak di Berdiciov usava augurare “buon anno” in questo periodo. Molti si meravigliarono circa questa usanza visto che l’anno ebraico ha inizio a Rosh Hashanà… il rebbe di Berdiciov spiegò quindi che le date di altri popoli sono anch’essi importanti, parafrasando anche un versetto dei Salmi: “D-o conterà secondo le scritte dei popoli”… (basato su Salmi 87,6).

Shabbat Shalom!


Rav Shalom e Chani Hazan

Shabbàt al Tempio
Orari delle Tefillòt per Shabbàt 1-2 gennaio:
1 gennaio venerdì sera: 16,30
2 gennaio shabbàt mattina: 09,30
2 gennaio shabbàt pomeriggio: 16,25
Il kiddush di questo Shabbàt è offerto dalla famiglia Hazan in onore del compleanno di Mussi. Grazie!

Gli incontri della settimana
mini-lezione 1: venerdì sera tra Minchà e ‘Arvìt: lezione di Halachà
mini-lezione 2: Shabbàt mattina prima della Tefillà lezione sul significato delle preghiere
Shabbàt pomeriggio dopo minchà:

lezione con rav Bahbout

Foto della settimana

Un anonimo lettore ha inviato la foto nella quale si vede lo schermo di un mezzo pubblico a Roma che annuncia la festa di Hanuccà in Piazza Barberini…

barber

Pianto di Disperazione
La storia, e quindi la vita, è fatta di piccole vignette ma anche di vastissimi quadri. Spesso bisogna capire bene il quadro vasto per potere gestire meglio le piccole vignette…
Il racconto di Genesi si avvia verso la sua conclusione. Questa settimana si legge della morte di Yaacòv e della sua sepoltura a Hevron nella terra d’Israele. Conclusa con la sua morte l’epoca degli Avi, rimane la prossima generazione, “i fratelli”.
Un racconto: Dopo la morte del padre, i fratelli si rendono conto che Yossef (Giuseppe) non è più vicino a loro come lo era una volta.
I fratelli si spaventano. Non sarà che Yossef li ha sempre odiati per ciò che gli avevano fatto quand’era giovane? Non sarà che ora, morto il padre, si rivendicherà contro di essi in qualche maniera?
Convinti di questa loro idea, creano una “delegazione” di fratelli per farsi perdonare da Yossef.
Yossef sente le loro parole e piange mentre parlano…
“Voi pensavate di farmi del male [ma] D-o lo intese per il bene, per operare quel che avviene oggi, per manteren in vita un grande popolo”…
Secondo alcuni commentatori Yossef piange dalla disperazione. Come se dicesse “Ma come è possibile che stato ancora pensando a queste cose? Non vi rendete conto del fatto che tutto è progettato da D-o per un fine buono? Non avete forse notato che in qualche modo avrei dovuto arrivare in Egitto secondo un progetto Divino per essere la persona giusta al posto giusto nel momento giusto? Siete stati semplicemente delle pedine, protagonisti di una piccola vignetta che faceva parte di un vasto quadro”
“Ora che siete in Egitto, non è forse giusto riprendere l’opera degli Avi, iniziata da Avrahàm – quella di difondere tra tutti i popoli la conoscenza di un solo Creatore?”
La perdita di visione del riquadro vasto è infatti motivo di pianto.
Secondo un insegnamento del Rebbe di Lubavitch, è giusto piangere per i problemi del prossimo, ma non per i propri problemi. Per quanto riguarda se stessi bisogna alzare le maniche e mettersi all’opera…
rav Shalom Hazan